Il diritto alla fruizione dei buoni pasto ha natura assistenziale e non retributiva in quanto i buoni pasto sono finalizzati unicamente ad alleviare il disagio del lavoratore che, in assenza di un servizio di mensa, sia costretto a mangiare fuori casa per osservare l’orario di lavoro.
Inoltre, se il contratto collettivo applicato dalle parti subordina il diritto ai buoni pasto all’effettuazione di una pausa per la consumazione del pasto, il sorgere di tale diritto dipende dal fatto che la pausa sia fruita in concreto. Se il lavoratore, in accordo con il datore di lavoro, sceglie di non fruire della pausa per la consumazione del pasto, il lavoratore non ha diritto né al buono pasto né al relativo controvalore monetario.
Trattandosi di un’agevolazione di carattere assistenziale, e non retributivo, infine, il buono pasto può essere revocato unilateralmente dal datore di lavoro.
(Corte di Cassazione, ordinanza 11 ottobre 2020, n. 22985; Corte di Cassazione, ordinanza 28 luglio 2020, n. 16135).